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Grecia al collasso per garantire un prestito dall'UE?

...taglio di 15.000 addetti nel settore pubblico, liberalizzazioni delle leggi sula lavoro, riduzione delle pensioni (soprattutto le minime)... la GRECIA è in ginocchio per fornire le garanzie all'Unuone Europea al fine di percepire così un nuovo prestito da 130 miliardi di euro.

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Il prossima paese al collasso? ...Italia, Spagna o Portogallo? ...

ma concretamente, qualcuno di Voi sarebbe in grado di farmi capire cosa succederebbe se l'euro dovesse crollare e i paesi UE tornassero alle loro vecchie monete?

Comments

Questa e' utopia I paesi ricchi ci rimetterebbero l'osso del collo Non e' per loro conveniente Il prestito alla Grecia e' stato fatto per non rimetterci il prestito precedente HANNO RISCHIATO DI GROSSO PERCHE' NON E' CERTO CHE LA GRECIA POTRA' MANTENERE GLI IMPEGNI ASSUNTI
C'e' un solo modo per essere solvibili La scissione tra Stato e la ricchissima Chiesa Ortodossa potrebbe portare nelle casse dello Stato centinaia di miliardi mediante l'espropiazione dei loro beni

dovrebbero dichiarare falimento, cosi mandano a fare in c++o l'europa, l'euro, i loro prestiti e quella taccagna della Merkel.
Cosi non rimborsano nessuno e ripartono da zero.

Se la Grecia, o qualche altro stato tipo Italia, Portogallo e Spagna, dovesse fallire, sarebbe il fallimento dell'euro e ci sarebbe una crisi economica spaventosa.
La Francia e la Germania hanno comprato un sacco di bond greci.
Il default priverebbe le due principali economie europee di tanti di quei quattrini da far spavento.
Questi soldi dovrebbero essere recuperati con tasse ai cittadini francesi e spagnoli perchè anche la Francia e la Germania, con i loro bond, sono indebitate con Cina, Stati Uniti, GB
e qualche altro stato sovrano.
Qui ci sarebbe la prima parte della crisi alla quale si aggiungerebbe la seconda: tantissime banche tedesche hanno in pancia un quantità di bond greci esorbitante.
Dato che i bond varrebbero carta straccia e che lo stato, evidentemente nella stessa situazione, non avrebbe possibilità di stilare qualche altro piano salvabanche il che porterebbe al loro fallimento.
Quindi anche le banche degli altri stati che hanno partecipazioni nelle banche fallite si troverebbero impiccate...
...un effetto domino!
Secondo me, in caso di fallimento della grecia, si potrebbero aprire degli scenari "greci" in ogni parte dell'europa.

molto chiaro? ma praticamente?

non ci sarebbero liquidità sui conti correnti? .... insomma non potresti prelevare?

non verrebbero erogate le pensioni?

non potresti vendere (anche volendo) forme di investimento (pensioni integrative, titoli di stato) per avere liquidità contante?

le rate dei mutui verrebbero tutti rinegoziati? e se si in che modo?

i servizi acqua luce gas sarebbero garantiti?

arriverebbero derrate alimentari nei supermercati??

insomma cosa caz succederebbe PRATICAMENTE?

Ti avevo mandato un link ad un file audio in cui Oscar Giannino spiegava un po' come sarebbe la situazione...
...comunque, di passo 3 opinioni che potrebbero esserti utili per i tuoi ragionamenti.
Ciauz

Fonte
fanpage.it/default-ok-ma-cosa-comporterebbe-per-me/

Forse sarà il caso di cominciare a rifletterci. I nostri politici non sembrano un granché consapevoli di ciò che sta accadendo. Ma anche i cittadini paiono abbastanza distratti. E c’è perfino chi invoca il default come una manna che risolverebbe tutti i problemi del paese. Dunque, forse, è giunta l’ora di porsi seriamente la domanda: cosa succede a me se l’Italia va in default?
Difficile rispondere, salvo dire che sarebbe l’evento più traumatico affrontato dal paese dai tempi della seconda guerra mondiale. Non perché non vi siano esempi in età contemporanea di paesi che non sono stati in grado di onorare i propri impegni finanziari (Corea del Nord, Argentina, Russia solo per citarne alcuni), ma perché il default sul debito italiano sarebbe veramente un evento epocale, una crisi finanziaria come il pianeta non ha conosciuto dai tempi dei grandi conflitti mondiali. L’Italia possiede il primo debito pubblico in Europa per un valore pari a circa 1900 miliardi di euro. Il mercato BTP era considerato, fino a non poco tempo fa, come uno dei più liquidi su cui investire. Dunque nelle grandi istituzioni della finanza vi sono depositati enormi quantità di titoli pubblici italiani che, a Wall Street, senza tanti giri di parole, vengono già apertamente paragonati ai tanto famigerati titoli tossici di tre anni fa (i subprime, ricordate?). Ed infatti già è partita la gran corsa a liberarsene il più in fretta possibile. I record registrati dallo spread del BTP decennale sull’equivalente bund tedesco stanno a rappresentare proprio questa corsa alla salvezza dal rischio di un default dell’Italia. Nessuno sa di preciso cosa accadrebbe. Tutti però sanno che sarebbe devastante.
Ma aldilà delle ripercussioni sulla finanza globale (come, ad esempio, la fine dell’euro e una crisi finanziaria globale senza precedenti) che già di per se dovrebbe destare enormi preoccupazioni (una tale crisi infatti avrebbe immediate e devastanti ripercussioni sull’economia globale con l’avvio di una crisi economica che colpirebbe tutte le principali economie del mondo, in particolare la nostra), cosa accadrebbe ai cittadini normali? Ripeto, difficile rispondere, ma sarà meglio cominciare a farsi un’idea, anche a costo di essere brutali.
Come prima cosa partirebbe la corsa agli sportelli delle banche. In verità, come ci raccontano le cronache, questa corsa è già partita in sordina, soprattutto per portare fuori dalle filiali tutta quella liquidità che è a maggior rischio di essere soggetta ad imposte di emergenza come i patrimoni evasi. Partita la corsa, le banche si ritroverebbero presto a corto di liquidità e i cittadini finirebbero rapidamente per trovare le serrande alle filiali con la scritta “chiuso fino a data da destinarsi”. A questo punto, i risparmiatori, finalmente resisi conto della serietà della cosa, correrebbero ai supermercati per fare provviste, salvo rendersi conto che le loro carte di credito e i bancomat non vengono più accettati. E mentre il commercio andrebbe in tilt, le banche si vedrebbero costrette a chiudere le linee di credito verso le aziende. Come noto, le nostre aziende sono straordinariamente sottocapitalizzate e dipendono in modo essenziale dal credito. Comincerebbero a saltare i pagamenti. Prima si tagliano i fornitori con aggravio ulteriore della posizione di cassa delle aziende. Ma ad un certo punto, arriverebbe il giorno degli stipendi, e sarebbero fortunati coloro che si trovassero a ricevere solo una decurtazione nella busta paga. Peggio andrebbe ai dipendenti pubblici e ai pensionati. Con lo stato incapace di reperire liquidità sui mercati, si andrebbe a raschiare il barile e sarebbero in tanti a rimanere completamente a secco. Nel frattempo l’Italia sarebbe già fuori dall’Euro, costretta a reintrodurre la lira. Evviva, grideranno in molti, soprattutto le imprese esportatrici, a partire da quelle manifatturiere che costituiscono il nerbo dell’economia nazionale. Con il ritorno alla lira, in automatico partirebbe la svalutazione che renderebbe più competitivi i nostri prodotti sui mercati internazionali. Certo! Peccato però che il debito pubblico, oggi al 120% del PIL, è stato in buona parte emesso in euro. Quindi, altrettanto automaticamente, si assisterebbe ad una rivalutazione del debito che non farebbe fatica a raggiungere il 200% del PIL, rendendo, a quel punto, qualsiasi futura azione di ristrutturazione l’equivalente di una carneficina. E non parliamo del peso che graverebbe sulle generazioni future.
E tutto questo non sarebbe che l’inizio. Con il commercio in tilt, le aziende a secco e lo stato incapace di pagare anche la cancelleria, seguirebbe una crisi devastante con un’inflazione a due-tre cifre, milioni di nuovi disoccupati, il crollo dei valori immobiliari e i risparmiatori sul lastrico. Ed un giorno avremmo anche la notizia di pugliesi sui gommoni che schivano le vedette della guardia costiera albanese per raggiungere le coste di quel ormai prospero paese….
Ripeto, si tratta di una brutalizzazione. Molti di questi eventi comincerebbero a manifestarsi già prima di un default. Ma che dite? Vogliamo provarci seriamente ad evitare questo scenario?

Fonte
forexinfo.it/GRECIA-DEFAULT-cosa-accadrebbe-a

DEFAULT GRECIA: cosa succederebbe a livello mondiale? In caso di default della Grecia sul suo debito sovrano, gli effetti saranno globali. Tutti, dai risparmiatori giapponesi ai pensionati degli Stati Uniti è probabile che ne avvertiranno gli effetti. Ecco lo scenario (che non vuole preannunciare la fine del mondo) in caso di default greco.
Banche greche Le banche della Grecia sono fortemente esposte al debito sovrano del loro paese. Un default costringerebbe molte di loro a cercare nuovi capitali per compensare le perdite, e potrebbe innescare una corsa agli sportelli da parte dei depositanti greci. In tal caso il governo greco sarebbe verosimilmente costretto a dichiarare un “bank holiday” per evitare una pazza corsa. Infine, le banche più esposte al debito greco dovrebbero, con tutta probabilità, essere nazionalizzate.
Banche d’Europa Le banche d’Euorpa sono grandi detentori di debito greco. Hanno qualcosa come 53 miliardi di dollari in sospeso. Gli istituti di credito di Francia, Germania e Regno Unito sono i più esposti. Se gli obbligazionisti dovessero accettare un “haircut” del 40% - percentuale posta in luce da molti analisti - questo si tradurrebbe in perdite nell’ordine di € 15,6 miliardi ", o $ 22 miliardi, secondo un rapporto.
Credit default swap Non si sa cosa l’esposizione delle diverse istituzioni finanziarie in caso di un default greco attraverso i credit default swap potrebbe essere. Ma qualcuno sta vedendo un sacco di contratti di assicurazione sul debito greco nel corso degli ultimi anni, e un default scatenerebbe un payout al verificarsi dell’ evento creditizio.
Stretta creditizia globale I dubbi sulla stabilità delle istituzioni finanziarie con l’esposizione diretta e indiretta in Grecia sono suscettibili di diffondersi e acuirsi. Le banche potrebbero esitare a estendere il credito a vicenda per paura di esposizioni. Molti potranno richiedere contropartite per trasferire ulteriori garanzie, forzando le attività di vendita. In una ripetizione delle conseguenze del fallimento di Lehman Brothers, i mercati globali del credito potrebbero bloccarsi e andare in cortocircuito. Preparatevi a sentir parlare di spread LIBOR di nuovo.
USA, fondi monetari Gli analisti dicono che i fondi monetari degli Stati Uniti hanno più esposizione al debito a breve termine delle banche europee di quanti molti investitori realizzino. Se le banche europee non possono rinnovare i propri titoli di credito negoziabili, alcuni di questi fondi monetari potrebbero rilevare che hanno carenze di capitale.
Irlanda e Portogallo Gli irlandesi e i portoghesi si trovano ad affrontare anni di lenta crescita economica, a causa dei tentativi dei loro governi di abbattere i livelli di debito e stabilizzare i loro sistemi bancari. Un default della Grecia, soprattutto se causato da una rivolta popolare per le strade di Atene, potrebbe incoraggiare questi paesi al default. Se la Grecia riesce a costringere i creditori ad un haircut perché l’Irlanda e il Portogallo dovrebbero pagare per intero?
La Banca centrale europea La Banca centrale europea è esposta in maniera massiccia non solo al debito pubblico greco, ma anche al debito delle banche irlandesi. Se le banche di Grecia e Irlanda non riusciranno a far bene, la BCE potrebbe essere resa insolvente, secondo alcuni analisti. Naturalmente, la BCE è una banca centrale, il che significa che può sempre gonfiare (i prezzi) per riportarsi sulla via della solvibilità.
Germania, crisi politica Le turbolenze in tutta Europa potrebbero scuotere il governo in Germania. Il popolo tedesco si oppone fortemente a salvataggi di paesi che vedono e considerano come meno responsabili. Ogni iniziativa da parte del governo tedesco per alleviare la crisi causata dalla Grecia potrebbe essere accompagnata da una rivolta politica nel governo, già traballante, di Angela Merkel.
Fiducia consumatori statunitensi La fiducia dei consumatori è già vicino al nadir, al suo livello più basso. Una crisi globale del credito probabilmente convincerebbe i consumatori degli Stati Uniti a ridurre le spese e ad aumentare il risparmio. Questo potrebbe trascinare l’economia americana, già in rallentamento, più vicino a una recessione.
Protezionismo Rob Subbaraman, economista di Nomura, ha avvertito che se la Germania e la Francia fossero gravati dai debiti del sud Europa, "è concepibile che per sostenere queste economie, una nuova forma di protezionismo potrebbe nascere e prender piede, per cui paesi come la Francia e la Germania acquisterebbero più beni da tali paesi a scapito delle esportazioni asiatiche". Se i consumatori degli Stati Uniti e d’Europa adottassero misure protezionistiche, le debolezze dell’economia cinese potrebbe diventare più evidente. Un rallentamento della domanda di beni provenienti dalla Cina potrebbe costringere il governo ad abbandonare la sua lotta contro l’inflazione al fine di mantenere l’economia in crescita.
Una cosa è certa: I leader politici di tutto il mondo cercheranno di rassicurare i loro elettori e impedire un panico finanziario. Parafrasando Franklin D. Roosevelt ’s "l’unica cosa che dobbiamo temere è la paura stessa" linea che è improbabile possa fare alcuna differenza.

Fonte
megachip.info/tematiche/kill-pil/7251-luscita-dellitalia-dalleuro-lo-scenario.html

Una settimana fa mi stavo occupando degli scenari che riguardano un possibile default italiano, dato che le scelte politiche nella gestione della crisi dei debiti sovrani si sono ridotte, con un grande rischio che si finisca per incorrere in questo inconveniente. Al tempo mi sono chiesto: «Potrebbe l'Italia uscire dall'eurozona e rinominare il suo debito alla pari nelle Nuove Lire per prevenire il default? Forse. È un'evenienza da considerare all'ultimo stadio. Per ora è quello che possiamo prevedere succeda se l'Italia farà default». Ora siamo giunti a quell'ultimo stadio. Perciò vediamo a cosa condurrebbe un'uscita unilaterale dell'Italia, e come potrebbe essere portata avanti.
Nazionalismo e politiche economiche protezionistiche.
Come punto di partenza da applicare, lasciatemi citare qualcosa qui che io scrissi circa tre anni fa sull'Irlanda, e che correttamente predissi sarebbe stata un crisi bancaria.
L'Irlanda deve minacciare di lasciare ora se vuole massimizzare ogni aiuto che si aspetta di ricevere da parte dell'Europa, prima che diventi evidente la possibilità che la crisi bancaria investa gli altri Paesi dell'UE. La debolezza del settore finanziario ha infettato tutti i membri dell'eurozona. Ho menzionato che l'Austria ha un sistema bancario debole. Ma c'è una crescente evidenza che anche la Germania ha un fragile sistema bancario. Per essere chiari: questa è una strategia del tipo“ogni nazione per sé”, che vede i membri dell'eurozona uno opposto all'altro, nella quale quelle nazioni sufficientemente accorte da chiedere aiuto prima, sono probabili beneficiarie a spese degli altri. Il problema consiste nel verificare se i tedeschi siano disposti a che questo andazzo prosegua. Se non lo sono, le tensioni saliranno, e ciò farà cambiare i calcoli di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna. Non ho ancora una panoramica di ciò perché la situazione è in continua evoluzione. Comunque sono propenso a credere che l'eurozona rimarrà intatta anche se singole nazioni o il sistema bancario dovessero collassare.
Come gli eventi accadono nel settore bancario europeo, vi terrò al passo con gli sviluppi.
(L'eurozona e lo spettro del collasso del sistema bancario, Feb 2009).
Quando la situazione si fa critica, la mentalità del “noi contro di loro” comincia a trapelare dalle scelte politiche. Succede che significativi ribassi economici creano angoscia economica, la quale porta le persone a chiudersi a riccio nei confronti dell'esterno. Quando attraversiamo un fase di boom tutto ci appare bello e siamo pieni di speranza nel futuro. Badiamo ai nostri affari, lavoriamo duramente, ci prendiamo cura delle nostre famiglie e ci godiamo la vita. Poi d'un tratto veniamo a sapere che l'economia si trova in profonda caduta, e noi, o qualcuno dei nostri vicini, siamo senza lavoro, squattrinati...e inferociti. Cosa ha causato tutto ciò? Chi lo ha causato?
Quando i tempi sono duri la gente comincia a cercare qualcuno da incolpare. E solitamente non è qualcuno di “noi” ad accollarsi la responsabilità, solitamente sono “loro”: gli estranei come le minoranze, gli immigrati e gli stranieri. Dylan Grice definisce questa tendenza “in-group bias” e predice quanto segue:
L'evidenza storica e psicologica collega chiaramente i dissesti economici con l'individuazione degli estranei come capro espiatorio e, certamente, l'edificio dell'eurozona si staglia enorme e solitario come ultimo parafulmine. Io credo che verosimilmente nel corso del prossimo decennio il trend andrà nella direzione di ancora più grossi problemi fiscali ed economici. Credo che questi problemi surriscalderanno il tono del dibattito su chi sia il colpevole di tutto ciò, e che quando la conclusione per questi dibattiti diventerà più polarizzata, essi finiranno per essere sfruttati dai nazionalisti contro gli immigrati e, in maniera crescente, con sentimenti anti-euro.
Se la flessione si protrae abbastanza a lungo e in profondità, questa mentalità del “noi contro di voi” si espanderà fino ad assurgere a mainstream della politica nazionale. Ed assisteremo al nazionalismo economico, una strategia del tipo “ogni nazione per sé” che diventa il pensiero dominante in politica. Questo è tutto ciò che sono stati la Prima Guerra Mondiale, la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale. Pertanto non mi aspetto niente di diverso ora, con la crisi dei debiti sovrani, se le scelte politiche si indirizzano principalmente verso lo scenario di declino peggiore.
La ricerca di una grazia salvifica, come evidenziato nell'esempio irlandese fatto sopra, è realmente ciò che fa perdere tempo, dato che ci impegna a recitare fino in fondo una parte, più di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Mi ero occupato della crisi bancaria europea all'inizio del 2009, e ora siamo alla fine del 2011. Pertanto lasciatemi dire che, con i giusti leader politici e le giuste scelte politiche, lo scenario peggiore non è un esito ineludibile. Può essere possibile, ma ci sono ragioni e speranze per esortare i leader a far sì che la calamità venga scongiurata.
La situazione attuale di Eurolandia.
Sfortunatamente questi ultimi tre anni sono stati ampiamente sprecati. Anziché alla ricapitalizzazione delle banche, a svalutazioni e ristrutturazioni del portafoglio crediti dell'euro zona, abbiamo assistito a un racconto egoistico e moralmente fazioso di deplorevoli prodigalità fiscali, e a soluzioni politiche incentrate unicamente sugli interessi dei creditori, che sono totalmente inadeguate a risolvere i deficit istituzionali dell'euro zona. Questo racconto morale è realmente una favola.
La Spagna è un perfetto esempio di un Paese che non sarebbe mai dovuto entrare nell'euro. Ha avuto un buon surplus fiscale per tutto il 2007 e ancora oggi ha dei numeri sul debito migliori di quelli della Germania. Nell'ultimo dei tre articoli sopra, sui quali è stata costruita questa dissertazione, il passo che ho postato la scorsa notte a cura di Philip Whyte e Simon Tilford, è superlativo nel fare provvista di queste sfortunate circostanze.
Il problema dunque è che fare ora? Come possono gli europei scappare da questo pulcioso motel di una prigione economica che loro hanno costruito, continuando a rispettare le regole dell'esistente ingestibile struttura istituzionale? Nessuno vuole un dibattito aperto a tutte le soluzioni.
Ora stiamo assistendo al default dell'Italia senza che la BCE agisca da prestatore di ultima istanza. E il default dell'Italia innescherebbe una cascata in serie di default da corsa agli sportelli bancari e una Depressione come quella causata dall'insolvenza del Creditanstalt del 1931. I politici tedeschi sono consapevoli di ciò. L'«Irish Times» ha scritto che ora i pragmatici alleati della Merkel sono disposti ad offrire la speranza di un nuova prospettiva, in base alla quale l'eurozona evolve verso una maggiore integrazione fiscale, con penalizzazioni nei confronti dei free rider e una clausola d'uscita per coloro che non possono farlo. La Germania si sta muovendo rapidamente per implementare questa soluzione.
Purtroppo questo progetto è difettoso per due ragioni. Primo, il cercare di rendere i “peccatori” della periferia europea “più tedeschi” non riesce a capire la dinamica intra-europea del capitale e della bilancia dei pagamenti. Per dirla in maniera grossolana, l’eurozona è un unico gigantesco schema di “vendor financing” (la Vendor Finance è una forma di prestito in cui un’azienda presta denaro a un soggetto che poi lo dovrà usare per acquistare i prodotti o i fondi del venditore, NdT). Non si può avere che sia la Germania sia la Spagna accumulino simultaneamente surplus di bilancio l'un con l'altro. Gli squilibri di bilancio persisteranno. Secondo, i politici si sono mossi troppo tardi. Loro hanno causato questo problema con il loro tergiversare; non ci troveremmo in questa situazione se avessero tagliato la testa al toro prima. Io penso ancora che alla fine la BCE si muoverà. Ma sarà troppo tardi; la deflazione del debito sarà già in atto, favorita dalla camicia di forza sempre più stretta della politica fiscale, che nell’ultimo mese si è mossa dalla periferia verso la Francia, l’Italia e l’Austria al diffondersi del contagio.
The Italian Job.
Ma anche in questo caso può essere che la BCE non agisca comunque. E dunque, noi dobbiamo scorrere quelli che sono i rimedi politici disponibili nei casi peggiori, e pensare a quale potrebbe essere scelto.
Cosa accadrebbe nel caso di un'uscita unilaterale dall'euro? Ho dato un'occhiata a questo scenario un anno fa e l’ho trovata una prospettiva desolante, una ragione è che la vedevo come improbabile all'epoca. Ma la situazione si è deteriorata e così la migliore alternativa a un accordo negoziato per i politici italiani potrebbe ben essere l'uscita.

Ho ragionato su questo e mi sono inventato un abbozzo di piano. Il piano è basato sul modello di ciò che fecero i Paesi quando uscirono dal gold standard durante la Grande Depressione. Ho detto molte volte che l'euro è come l'oro l’euro è come l’oro.
L'euro ha agito come un gold standard interno per i paesi membri nell’impedire ai governi di stampare denaro e di svalutare per sottrarsi alle difficoltà economiche, mentre fa sì che che grossi squilibri fiscali non possano essere sostenuti e finiscano col condurre alla crisi.
Mi piace pensare all'euro come all'oro e i paesi dell'euro come se avessero implicitamente conservato le loro valute con un tasso di cambio fisso nei confronti dell'euro. Se vi ricordate, questa di fatto era l'organizzazione vigente quando i paesi hanno agganciato le loro valute all'ECU prima che fossero introdotto l'euro.
Così le nazioni dell'area euro possono sganciarsi come fecero le nazioni del gold standard e disfarsi della struttura dell'euro percorrendo il processo di “eurizzazione” al contrario. Ecco come tutto ciò potrebbe essere fatto.
1.Piano. Il governo italiano può pianificare la ridenominazione nella Nuova Lira in segreto approfittando della giurisdizione nazionale sulle obbligazioni del debito sovrano.
2.Giurisdizione. La “eurizzazione” rimarrebbe in piedi e l'euro continuerebbe ad essere il denaro con il quale si compiono i pagamenti fisici. Tuttavia la Nuova Lira diventerebbe la moneta ufficiale, fissata a 1936.27, esattamente lo stesso tasso al quale fu fissata la lira il 31 dicembre del 1998 e convertita in euro il 1° gennaio 2002. Tutti i debiti sotto la giurisdizione italiana sarebbero ridenominati nella Nuova Lira al tasso di cambio fisso di 1936.27 della Nuova Lira. Questo riporterebbe l'Italia effettivamente al 31/12/2001.
3.Tassazione. Il governo annuncerebbe che d'ora in avanti tasserà esclusivamente nella Nuova Lira. A tutti i livelli governativi locali sarebbe richiesto dalla legge di tassare nella Nuova Lira.
4.Banche. Come già fatto dall'Argentina, il governo italiano dovrebbe convertire tutti i conti correnti bancari nella Nuova Lira. I sistemi li processerebbero come se fossero euro a causa del cambio fisso, ma legalmente la moneta sarebbe la Nuova Lira. Ciò renderebbe l’economia“eurizzata” ma farebbe sì che il sistema bancario si ridenominasse nella Nuova Lira.
5.Commercio. I commercianti, tutti i venditori di beni italiani, sarebbero allora costretti a tornare al doppio trattamento che precedeva il 2002, per il quale denominano tutte le transazioni sia in lire che in euro. Nuovamente, il denaro cartaceo sarebbe l'euro e ogni euro inizialmente varrebbe 1936.27 Nuove Lire. La moneta elettronica sarebbe la Nuova Lira, anche dentro il sistema detto euro.
6.Fluttuazione. Il primo giorno, subito dopo la ridenominazione, il governo italiano abbandonerebbe il tasso di cambio fisso a 1936.27 della Nuova Lira per farla fluttuare liberamente. A partire dal giorno seguente, gli aggiustamenti della valuta estera sarebbe necessario che venissero fatti tra euro e Nuova Lira.
7.Valuta fisica. La Nuova Lira verrebbe stampata dalla Banca d'Italia e introdotta per sostituire l'euro.
La parte difficile riguarda la fuga di capitali, l'inflazione e il costo occorrente per riattrezzare il sistema in funzione della Nuova Lira. Ma tutto questo è un costo che si sostiene una volta sola. Warren Mosler ha stilato un piano come questo per la Grecia che Randall Wray ha mostrato qui la settimana scorsa. Nel suo scenario, i depositi bancari in euro restano tali ed esiste un debito denominato in euro che rimarrebbe in euro anch'esso.
Ripercussioni
Rimanere nell'UE. Le ripercussioni politiche di una ridenominazione sarebbero enormi. Sebbene io l'abbia descritta come un'uscita dall'eurozona, essa potrebbe essere solo una ridenominazione, il significato sarebbe un deprezzamento della Nuova Lira e che l'Italia potrebbe ri-eurizzare la propria economia senza lasciare l'eurozona. Fino a quando stiamo valutando gli scenari noi dovremmo considerare questo risultato, come fecero i paesi della Depressione ancorandosi nuovamente all'oro attraverso il regime dei cambi di Bretton Woods. Ma io penso che la spinta sia qui quella di fuggire dall'euro e dai persistenti deficit dei conti correnti, così come di scappare dalle politiche deflazioniste dell'eurozona che hanno provocato che i livelli del debito sovrano italiano andassero a naufragare. Inoltre, è improbabile che il piano tedesco fatto di sorveglianza fiscale, penalizzazioni ed esclusioni, possa risolvere i problemi fondamentali dell'Italia consistenti nella bassa crescita e nell’erosione economica dovuta alla non competitività all’interno di una moneta ad alto valore.

Inflazione. Questa potrebbe essere mitigata con una politica fiscale che desse valore alla nuova valuta. Ma noi vediamo come l'Islanda ha combattuto l'inflazione sulla scia di un ampio deprezzamento valutario. In un certo senso lo si potrebbe considerare come un aggiustamento una tantum dello standard di vita. Ma l'aggiustamento potrebbe essere severo dato che i mercati tendono ad esagerare gli aspetti negativi. Non è chiaro quanto in basso calerebbe la Nuova Lira, e perciò l'inflazione potrebbe rivelarsi un grosso problema.
Solvibilità bancaria. Questo era il più grande problema dal quale partire. La ridenominazione salva la solvibilità delle banche italiane dal momento che i conti correnti saranno in Nuove Lire. Ma questa soluzione scarica tutto il fardello dell'aggiustamento sui prestatori stranieri per via delle modifiche del tasso di cambio. Le banche tedesche, francesi e olandesi risulterebbero insolventi se la Nuova Lira perdesse molto del suo valore una volta che venissero rimborsati con una valuta deprezzata. Ritengo che questo punto illumini quel dicevo a proposito della distribuzione delle perdite in un modo “amichevole” per i creditori. I prestatori esteri hanno usato il fatto che l'euro è una zona di prestito transfrontaliera per incrementare la redditività del loro capitale. Essi recano alcune responsabilità sulla crescita del credito nei Paesi periferici d'Europa. Le perdite di valore che sopporterebbero a causa di una Nuova Lira dimostrano esattamente questo.
Solvibilità nazionale. Il problema sarebbe risolto. Il peso dell'aggiustamento ricadrebbe sul tasso di cambio.
Contagio. Chiaramente un'uscita dell'Italia disintegrerebbe l'eurozona. Tutti i Paesi che ora si trovano in una situazione scottante considererebbero anche loro di ridenominare. Una volta che vi fosse un abbandono dell'euro, seguirebbe a ruota un flusso incontrollato di fuoriuscite. In Francia, in particolare, i politici sarebbero pronti a tutto pur di effettuare un ridenominazione e una svalutazione della moneta per evitare le perdite di valuta estera. Questo innescherebbe una battaglia valutaria tramite una serie di svalutazioni competitive.
In conclusione, un'uscita unilaterale sarebbe un evento devastante per l'Italia e per tutta l'eurozona. L'inflazione sarebbe alta, ma sarebbe risolto il problema della solvibilità nazionale e bancaria. Se l'uscita fosse fatta sotto gli auspici nazionalisti della ridenominazione, il maggior onere degli aggiustamenti graverebbe sui creditori esteri. L'Italia tornerebbe nuovamente ad essere un esportatore competitivo, e potrebbe focalizzarsi su strategie di crescita economica anziché su quelle che prevedono aggiustamenti fiscali. Il vantaggio di questo piano è che potrebbe essere messo in opera in tempi relativamente rapidi.
Così come durante la Grande Depressione, quei Paesi che lasciarono il gold standard prima videro prima anche il ritorno della crescita economica. Mi aspetterei che lo stesso fosse vero di nuovo in questo caso per i Paesi oggi appartenenti all'area euro.

sta notte studio i tuoi commenti!

forse era meglio non sapere
:-)

GRAZIE

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